Questo libro è l'illustrazione d'una visuale: d'una visuale scettica e pessimista. Giacché, sebbene da molti astrattisti della critica si ponga il dilemma: o pessimismo (che è affermazione d'una conoscenza della realtà) o scetticismo (che è dichiarazione dell'impossibilità di conoscere), e riguardo al Leopardi si dica: non fu definitivamente scettico perché fu pessimista; chiunque non si limita ad anatomizzare, magari acutamente, le situazioni dall'esterno, ma le vive interiormente, sente con perfetta chiarezza che scetticismo e pessimismo sono rami del medesimo tronco. Dalla intuizione scettica la cui affermazione finale è: la realtà è irrazionale ed assurda e perciò incomprensibile, scaturisce ovviamente, e naturalmente con essa si congiunge, l'intuizione pessimista cioè: e appunto perché irrazionale ed assurda questa realtà è dolorosa e disperante. Del resto, meglio di qualsiasi discussione credo che questo libro stesso fornisca la prova che scetticismo e pessimismo (quantunque non sempre e necessariamente avvenga che il pollone scettico dia fuori quello pessimista e talvolta o spesso accada che il primo cresca e perduri pur senza generare il secondo) rampollano spontaneamente dalla medesima radice.